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martedì 25 aprile 2023
Festa della Liberazione, le celebrazioni del Comune
Nell’ambito della Festa della Liberazione, il sindaco, ing. Stefano Alì, ed il presidente del Consiglio comunale, Fabio Fontanesca, hanno deposto una corona dall’alloro sulla lapide installata su largo XXV aprile 1945. A seguire, nella sala “Galatea” del Palazzo di Città, ha avuto luogo un momento di riflessione, condiviso con i rappresentanti del coordinamento “Democrazia Costituzionale”, nelle persone del dott. Salvatore Leotta e del dott. Rosario Patanè. Di seguito il testo dell’intervento del sindaco Alì su largo XXV aprile 1945.
Oggi in questo luogo, accanto a questa lapide realizzata da questa Amministrazione nel 2019, celebriamo la Festa della Liberazione, momento fondamentale per la nostra nazione e sulla quale si base la nostra democrazia. La nostra nazione è antifascista. Questa cerimonia, però, è velata da un senso di tristezza, non solo a livello nazionale non si percepisce il concetto basilare di Italia Antifascista, ma anche a livello locale, ad Acireale. Pochi giorni fa è stato approvato lo statuto del Comune di Acireale e nella proposta al Consiglio approvata in Giunta era presente un chiaro riferimento all’antifascismo:
“Sancisce il ripudio della guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali e promuove la cooperazione fra i popoli, riconosce nella pace un diritto fondamentale delle persone e dei popoli. Si riconosce nei principi fondamentali della Costituzione Italiana, ripudiando il fascismo ed ogni forma di totalitarismo.”
Il Consiglio comunale, a maggioranza, ha approvato la cancellazione al riferimento al fascismo. Anche il consigliere candidato del PD alle prossime elezioni comunali ha votato a favore della cancellazione del riferimento al fascismo. Solo il Movimento 5 stelle ha votato contro l’eliminazione ed in segno di protesta i consiglieri Angela Marino e Guido Raneri hanno abbandonato l’aula. Ancora più triste che questa cancellazione non ha suscitato alcuna protesta da parte della società civile. Non ho registrato alcuna ribellione da parte di associazioni o singoli cittadini. Acireale continua ad essere quel posto tranquillo magistralmente raccontato da Enzo Marangolo, a cui abbiamo recentemente intitolato una via. La pacificazione, superare il fascismo, non significa negarne l’esistenza o cancellarne il ricordo. Significa convivere coscienti della immane tragedia che è stata per la nostra terra e nell’impegno, tutti assieme, perché non si ripeta. La sensazione che ho è che invece interviene un meccanismo di rimozione. Il pensiero comune è che ad Acireale non ci sia mai stato il fascismo. E questo non è vero, come dimostra questa lapide. Che fa il paio con ad Acireale non ci siano mafiosi e pochi mesi fa c’è stata l’ultima retata da parte del commissariato. Avverto come l’obiettivo sia cancellarne i segni, il ricordo, ma dimenticare senza creare gli anticorpi che alimentano una società lascia privi di difese. E’, pertanto, particolarmente importante essere qui a rivendicare la tradizione antifascista della nostra Repubblica e trasmettere questa identità alle nuove generazioni. Fondamentale il ruolo della Scuola che dovrebbe dedicare più tempo a spiegare chi erano i fratelli Cervi e meno a Muzio Scevola, come scriveva Pietro Calamandrei. La lettura di Beppe Fenoglio, Italo Calvino, Giorgio Bassani, Cesare Pavese, Carlo Cassola o Elio Vittorini dovrebbe essere resa obbligatoria. A me il “Paolo Vasta”, nel 1974, regalò “Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana” e sicuramente ha avuto un ruolo nella mia formazione. Se nel 2023 si sentono ancora tanti distinguo e tante polemiche su una Festa che dovrebbe essere unitaria, genera pessimismo non su un prossimo ritorno del fascismo, ma sulla maturità di una nazione.
Viva Acireale, viva l’Italia libera.
Al Palazzo di Città, poi, il presidente del Consiglio comunale, Fabio Fontanesca, ha posto anche l’accento sul ruolo della donna. Ecco un estratto della sua riflessione:
"Un pensiero oggi lo rivolgo alle donne che hanno dato il loro contributo nella resistenza, questo perché per decenni a livello storiografico ed istituzionale il contributo delle donne alla Resistenza non è stato mai adeguatamente riconosciuto, rimanendo relegato ad un ruolo secondario, che scontava "di fatto" una visione in cui anche la Lotta di Liberazione veniva "declinata" al «maschile». Dobbiamo riflettere sul valore dei diritti dell’uomo, primo fra tutti quello di poter vivere in pace, è il forte messaggio che ci ha consegnato la Resistenza e del quale non dovremmo liberarci mai".



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